LITERALLY on the ground. Volunteer lawyers are working pro-bono on a Saturday preparing habeus corpus petitions for detainees at JFK. pic.twitter.com/ddUeQBi7AY
— NYC Mayor's Office (@NYCMayorsOffice) January 28, 2017
Un fatto, lo stop ai rifugiati da parte del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha scatenato un’ondata di polemiche sfociate in varie manifestazioni di protesta. Senza entrare nel merito della notizia (terrificante per l’ottusa chiusura anacronistica e tendenzialmente razzista) mi soffermo sul ruolo della rete.
Questa notte la rete e soprattutto twitter infatti sono ritornati a essere strumenti efficaci per raccontare, organizzare e aggregare pensieri e fatti.
Fin dai primi momenti twitter ha raccontato con l’hashtag #muslimban le proteste collettive ma anche le prime proteste nell’aeroporto JFK.
Giornalisti, semplici cittadini, autorità hanno raccontato in foto, testi, dirette video cosa stava accandendo ma soprattutto hanno usato lo strumento per organizzare il dissenso e la protesta ma anche per pensare e attivare azioni contrastanti. E così ad esempio la chiamata degli avvocati per assistere pro bono i rifugiati ha permesso di raccogliere oltre 3000 adesioni in pochi minuti. La rete produce istanze, la rete trova risposte. Non lo strumento asettico ma le persone collegate, ovvio.
E anche il fondatore e CEO di AirB&B non ci pensa due volte e mette a disposizione la piattaforma per l’accoglienza.
Airbnb is providing free housing to refugees and anyone not allowed in the US. Stayed tuned for more, contact me if urgent need for housing
— Brian Chesky (@bchesky) January 29, 2017
Non è una novità che in occasione di situazioni difficili le persone solidarizzino e trovino soluzioni per risolvere o alleviare il disagio.
Oggi però queste azioni fanno molto rumore.
Le polemiche continuano fino a quando, poi arriva il blocco di parte della legge.
Victory!!!!!! pic.twitter.com/uyza3zrQSX
— ACLU (@ACLU) January 29, 2017
Dinamiche normali, di presunte ingiustizie, proteste, passi indietro, polemiche, risultati. Ma qui, oggi, vediamo anche un’altra cosa.
Vediamo come la persona più influente della terra non debba più solo rispondere a una nazione di cittadini ma a una nazione allargata globale unita da uno strumento e da principi transnazionali. Vediamo come i nuovi Presidenti delle Nazioni Digitali siano influenti quanto e forse più dei presidenti delle nazioni dai confini terracquei.
Come Mark, ad esempio, che ormai in maniera evidente punta alla Presidenza degli Stati Uniti dopo essere già presidente di fatto della nazione (che influenza e gestisce) più rilevante della storia dell’umanità.
Mark Zuckerberg has expressed concern over President Trump's executive orders this week on immigration and refugees https://t.co/DCSR1ZUCJb pic.twitter.com/kXNpgQOh44
— CNN (@CNN) January 29, 2017
La protesta contro lo stop ai rifugiati ha mostrato come la rete sia strumento potente, efficace e tempestivo e come soprattutto possa influire sulle decisioni e sulla coscienza collettiva.
Dopo una involuzione dei social diventati cronaca di se stessi e dei micromondi collegati oggi è apparso chiaro come forse ritornare almeno in parte allo spirito dei social dei tempi della primavera araba sia la strada per un uso meno vacuo e più utile per rendere il mondo un posto migliore.
Un modo per essere cittadini coscienti, per essere parte di una collettività attenta e consapevole, per essere rilevanti in quanto comunità digitale, per essere pronti a contrastare le tendenze economico/opportunistiche di chi gestisce le grandi piattaforme di comunicazione e ha una visione di mondo che non può essere decisa per noi.
Essere presenti, non comparse.
Essere rilevanti.
(E in questo mondo twitter è lo strumento che lo racconta in maniera più efficace.)
Dimenticavo.
I 💙 Twitter.